26 ottobre, 2007

"Fermiamo questo massacro"



17/10/2007
Mille persone hanno partecipato al corteo organizzato oggi pomeriggio in centro a Reggio dall'associazione Nondasola per ricordare Vjosa Fejzo e le tante vittime di violenze familiari. C'erano anche altre ospiti della Casa delle Donne, dove Vjosa si era rifugiata per sfuggire alle persecuzioni del marito e il personale del centro diurno per anziani Casa Cervi di Albinea dove la donna aveva trovato lavoro. E poi i rappresentanti della politica e delle istituzioni locali, dei sindacati, associazioni che provenivano anche da fuori provincia.

Una iniziativa che ha voluto ricordare anche le oltre 1700 donne che hanno contattato la struttura di via Melegari dal 1995, una media di 250 all'anno. Il 70% di loro è italiana, le altre provengono dal Nordafrica, dalla Nigeria, dal Ghana, dal Sudamerica e dell'Europa dell'Est. Il 68% dichiara di subire botte o percosse. Il 18% di essere anche violentata. Chiedono aiuto perchè vogliono ricominciare a vivere. Due donne su tre ci riescono. E' un messaggio di speranza quello che ha voluto dare il corteo. In piazza Prampolini infine sono state lette alcune riflessioni di Vjosa Fejzo: 'Conosco il mio destino, ma per quel poco tempo che mi resta ho scelto di vivere'.

di MANUELA CATELLANI
http://www.telereggio.it/news.php?id=12512

Madri in crisi d'identità


SILVIA BONINO*
TORINO
La cronaca cittadina degli ultimi giorni si è occupata di due vicende che hanno coinvolto in modo drammatico bambine piuttosto piccole: l'una è morta cadendo dal balcone in circostanze ancora non completamente chiarite, l'altra è fuggita di casa nella notte dopo essere stata ferita, a quanto sembra, dalla madre al culmine di un litigio coniugale.

Non che in passato fosse tutto facile: sarebbe sbagliato immaginare una famiglia, dei genitori e delle madri che sono oggi alla deriva a fronte di un passato di cui si dimenticano facilmente gli orrori privati e pubblici nei confronti dell'infanzia. E’ la maggiore sensibilità cresciuta verso l'infanzia che ci porta a guardare con più attenzione a ciò che succede ai bambini e alle loro mamme.

Tra le numerose cause a cui si possono ricondurre le difficoltà che molte donne incontrano nell'essere madri «sufficientemente buone», mi soffermo su una: la ricerca della perfezione nel proprio ruolo di madre e nella relazione con il bambino. Fin dal momento in cui il bambino nasce, molte donne sono travolte dalla richiesta di essere madri perfette: il loro bambino deve crescere bene sul piano fisico, deve presentare il massimo benessere psicologico e la relazione con lui deve essere sempre armoniosa.

Ma come ogni madre ben presto sperimenta, le cose non vanno affatto così: i neonati sono talvolta difficilissimi da comprendere, mentre più grandi non fanno ciò che viene loro richiesto. La madre si trova allora a dover affrontare pianti, urla, rifiuti e conflitti che smentiscono quell'immagine da spot pubblicitario che il mondo le propone. La solitudine in cui molte madri allevano i propri figli, anche se il partner è fisicamente presente, non fa che aggravare il peso.

Accettare che la relazione con il bambino è fatta anche di momenti di difficoltà è indispensabile per non cadere nelle trappole del senso di frustrazione o addirittura di impotenza che il mancato raggiungimento di quel modello ideale comporta. Se questa presa di coscienza non avviene, può accadere che la madre reagisca al senso di fallimento che prova aggredendo o se stessa o i figli: l'aggressione è una delle possibili reazioni alla frustrazione. Come evitare questo?

Anzi tutto riconoscendo che il ruolo di madre è difficile e faticoso e che le donne non vanno lasciate sole. Ma soprattutto occorre accettare che il ruolo di madre è sì meraviglioso, ma è anche sempre fallibile e imperfetto. Se si accetta questo diventa possibile per la madre accogliere senza drammi le emozioni negative che nascono nella relazione, sia in lei che nel bambino. Diventa anche possibile parlare e riflettere su queste emozioni, senza agire in maniera violenta nei confronti di se stessa o del proprio figlio.

* Dipartimento Psicologia
Università di Torino

http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200710articoli/4847girata.asp

Bimbi traditi dall’ira dei genitori


Le vittime delle guerre di famiglia

MARCO NEIROTTI
TORINO

E la bambina? Bella domanda. Dove sono i bambini prima, durante e dopo le fiamme che stravolgono la coppia adulta? Dove sono quando diventano oggetto di sfogo o strumenti di battaglie adulte? Sono lì, a farne le spese. Armadi, computer e cantine dei palazzi di giustizia, così come i libri dei saggisti veri e finti sono pieni di storie dell’infanzia ostaggio, vittima, valvola di scarico. Traditi, sempre.

Era il 15 ottobre 2002 quando un uomo si vestì e si armò come Rambo e a Chieri fece strage: moglie, suocera, cognati, coinquilini, infine se stesso. La piccola di otto anni era già sullo scuolabus. Rimasta viva. E sola. Grazie, papà. Il massacro per gelosia, con il bambino «fortunato» che rimane al vento, è routine per le cronache. L’Archivio in dieci secondi ne offre una decina. La morte intorno, o la morte del piccolo, sono casi clamorosi. Ma la quotidianità - quella delle sere di gazzelle e volanti - è un mondo infantile pieno di parole e vuoto di rispetto. Non c’è strato sociale immacolato. Il degrado di vita facilita, l’agio maschera meglio.

Alessandra Bisio, avvocato della famiglia, racconta il non visto: «I bambini sono uno strumento di ricatto continuo, in caso di separazioni. Si suggerisce loro ciò che dovranno dire. Soffrono la menzogna, ma la ripetono per non perdere quel minimo di certezza che hanno ancora». Odi che diventano sfide e bambini spinti a leggere un bagnetto come un’attrazione sessuale, basta far indugiare una mano nel racconto suggerito. Del marchio che resta non importa nulla: passerà, sono bimbi. Strumenti.

Racconta Alessandra Bisio il caso di una piccola già ostaggio di fughe, nascondigli, parole di punizioni feroci. La medicina legale non riscontrò nulla. E poi un altro dove, a forza di spinta all’odio, la creatura aveva perso qualunque legame con entrambi gli adulti: alle audizioni sembrava un ventriloquo e nella stanza di facce attonite da quel viso minuto veniva fuori una voce che non era la sua, un tono roco e adulto, tra horror ed esorcisti. Lì non serviva l’esorcista.
Il bambino strumento. Una donna con gravi problemi, il convivente in carcere, soffriva della sindrome di Münchhausen, studiata nel rapporto medico-paziente, ma attiva in quello familiare: il medico mi ama se sono malato, il figlio mi ama se è malato e ha bisogno di me.

Questa donna voleva farsi amare e risolveva il problema con quello che il suo uomo le aveva raccontato dal carcere: per evitare un trasferimento basta iniettarsi un po’ di latte, hai subito la febbre a 40 gradi. Iniettava latte al bimbo e il bimbo febbricitante voleva mamma. Patologia psichiatrica, certo. Casi limite. E il medico legale Roberto Testi, che tanti ne ha studiati, rimane comunque colpito dalla cecità dell’odio adulto di coppia che non vede quell’attimo o quel lungo tempo di danno al piccolo: «Nemmeno quello fisico, che ti fa trattenere. Possono volare piatti e ceffoni, ma quando sfiorano il figlio non c’è uno stop». Bambini come ingombri in una lite più grande di loro. Si chiama «La fiducia tradita» un classico di Alice Miller.

«Separatevi, fatelo per lui», scriveva Marcello Bernardi negli «Imperfetti genitori», a proposito di vite impossibili. A volte non basta. E’ tutto nel testamento di Elena Franco, ammazzata a coltellate ad Airasca, scritto durante lunghe persecuzioni dall’ex marito, quando il bimbo aveva 3 anni: «Cari genitori non piangete la mia morte. Quando leggerete sappiate che questa non è stata la mia morte ma la liberazione da un uomo che io odiavo da troppo tempo. A mio marito Mario lascio tutto il mio odio, la disperazione dei miei genitori e la solitudine di mio figlio».


http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200710articoli/4844girata.asp

21 ottobre, 2007

Esiste ancora la libertà d'espressione?


Qualche giorno fa mi balenava in mente un dubbio: ma in Italia esiste ancora la libertà di espressione? No, secondo me non più.
Mi convinco che sia rimasto l'unico reato per il quale si è davvero perseguiti penalmente...e mi riferisco anche all'inquietante articolo di Beppe Grillo che riporto integralmente..


Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.
La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.
I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.
L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.
Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?
La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile.
Il 99% chiuderebbe.
Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.
Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.
Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.
Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.
Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.

Ps: Chi volesse esprimere la sua opinione a Ricardo Franco Levi può inviargli una mail a : levi_r@camera.it


Tratto da: http://www.beppegrillo.it/2007/10/la_legge_levipr.html

17 ottobre, 2007

Bufera sui servizi sociali: indagate le due dirigenti

FORLI’ – Bufera sui servizi sociali: spuntano due nomi nel registro degli indagati per falso ideologico. E’ questa l’ipotesi accusatoria mossa nei confronti di Maria Lora Mingozzi, responsabile dell'Unità Minori del Comune di Forlì, e Rossella Ibba, dirigente del servizio Politiche di Welfare. Le due responsabili, le prime ad essere interrogate dal pm Fabio Di Vizio, avrebbero ‘‘alleggerito’’ le procedure per gli affidi estivi, senza seguire la normativa.

L’indagine, divisa in due tronconi, è scattata dopo l’arresto di un noto e amato animatore e scrittore per bambini a cui i servizi sociali avevano affidato un bimbo di cinque anni per alcune ore al giorno. L’uomo, in carcere da fine agosto, è accusato di violenza sessuale su un 25enne con problemi mentali e di abusi su minore...........

Leggi il seguito dell'articolo su:


http://www.romagnaoggi.it/showarticle.php?articleID=259310&storico=giorno§ion=news/Forli

Ingiustizie


Fin da piccoli siamo costretti a subire delle 'ingiustizie': il compagno d'asilo prepotente che ci strappa i giochi dalle mani, le punizioni e i 'no' dei nostri genitori alle nostre richieste, l'amico/a del cuore che tradisce la nostra fiducia, il maestro che dimostra apertamente di favorire un altro compagno mentre a noi non ci dà il giusto valore...e l'elenco delle ingiustizie che subiamo durante l’infanzia, potrebbe continuare all'infinito...

Ma una cosa è certa: quando saremo grandi, questo ce l'hanno insegnato i nostri genitori, la giustizia ci difenderà e ci tutelerà. "Se commetterai un reato, verranno le forze dell'ordine ad arrestarti e ti porteranno in prigione"...

Detto oggi, questo discorso suona come una barzelletta!...Cosa insegneremo ai nostri figli? Che violentare e uccidere non sono più un motivo sufficiente per andare in prigione?

E come si possono biasimare i ragazzi di oggi se 'non hanno più valori'? Conosco genitori che per denaro non guardano in faccia niente e nessuno...che valori possono insegnare ai loro figli queste persone? Si educa soprattutto con l'esempio..

L'unica 'pena' certa è quella che subiscono le vittime degli stupri e degli omicidi... le pene sono davvero irrisorie e non certe.

Sono stati scarcerati i due ragazzi che hanno ucciso il piccolo Renzo di 3 anni ed altri casi simili non fanno che lasciarci sgomenti...
Un tempo, chi uccideva, prendeva l'ergastolo, oggi non è neppure messo in prigione. In America c'è ancora la pena di morte e qui invece c'è la non punibilità...che paradosso!

Mi stupisce, quando leggo di persone che sono state condannate senza averne mai provato completamente la colpevolezza (non è stato ritrovato il corpo del reato), mentre poi, quando è certo al 100% che l’accusato è colpevole, viene lasciato libero!...

Ma perchè non si scende tutti in piazza a rivendicare pene molto più severe?

15 ottobre, 2007

"Troppi stupri, se questa è parità meglio il burka"


Questo è cio che ha scritto ieri Beppe Grillo nel suo blog: "Dove sono le femministe superstiti?", affinchè levino il loro grido di protesta (come facevano "quando bloccavano le città con i cortei", contro il disprezzo per il corpo femminile mai visto prima...
Condivido in tutto e quindi riporto l'articolo così come è stato pubblicato sul suo stesso blog www.beppegrillo.it


Stupro libero. Il salto di qualità con lo stupro di una volta è finalmente avvenuto. Non poteva essere altrimenti in un Paese allo sbando. I luoghi dello stupro non sono più i vicoli bui, i parchi a notte fonda o i luoghi malfamati. Sono le fermate dell’autobus a mezzogiorno, i sagrati delle chiese, il bidone dei rifiuti quando si scende a buttare la spazzatura.
E’ forse un segno dei tempi? Un altro tabù infranto? Una nuova fase della liberazione sessuale?
Dove sono le donne? Le femministe superstiti? Le associazioni? Perchè non intervengono? Perchè non bloccano con i cortei le città come una volta?
Un tale disprezzo verso il corpo femminile non si era ancora visto in questo Paese. La donna è diventata un oggetto da penetrare nel sedile posteriore di una macchina a Bologna, da trascinare con un cappio in un rudere a Milano o da picchiare e possedere su una scalinata a Spresiano. Tutti i giorni. Alla luce del sole.
Per proteggersi bisognerà introdurre la cintura di castità da passeggio? Imbruttirsi con una maschera alla barbabietola? Simulare gravi difetti fisici?
Lo stupro sta diventando epidemico. L’analisi dello sperma dello stupratore in ospedale una routine. Tette, vagine e sederi sono presenti in tutti i programmi e in tutte le pubblicità.
Se questa è la parità sessuale, se questo è il rispetto verso la donna, allora preferisco il burka.


http://www.beppegrillo.it/cgi-bin/mt-tb.cgi/713.1259512850

Britney Spears


Un giorno sì e l'altro pure, leggiamo sui giornali di Brit senza mutande, Brit con la testa rasata, Brit schedata, Brit ha fatto un incidente...Brit sotto l'effetto di sostanze stupefacenti e alcoliche...

Io lo definisco accanimento mediatico.

Personalmente non sono una sua fan e non seguo la sua musica, ma come donna e come madre, dopo averla vista di recente in televisione ballare in quel modo così impacciato, l'unica cosa alla quale ho pensato, è che stia vivendo un periodo di grande difficoltà e un dramma personale.

Incuriosita, ho spulciato su qualche articolo per approfondire sulla sua vita, ed ho letto del suo recente divorzio da un uomo che voleva (non ho capito bene se l'abbia fatto) mettere in rete un filmato hard che la ritraeva..veramente squallido.

Ho letto che le sono stati tolti i suoi bambini...a torto o a ragione non so giudicare...so soltanto che questo fatto da solo può bastare a far sprofondare nella disperazione qualsiasi Mamma.

Accanirsi in questo modo nei confronti di Britney Spears, a che serve? Sarebbe meglio calare il silenzio stampa su di lei, così come si è riproposto di fare un blog americano...

11 ottobre, 2007

Lo Stalker


La traduzione letterale di “stalker” è “colui che segue furtivamente la preda”.
Si tratta di una categoria di criminali fin troppo sottovalutata.

Sono quelle persone (soprattutto uomini) che seguono la gente (soprattutto donne), si appostano, aspettano sotto casa o fuori dal lavoro, fanno telefonate anonime.
Di solito si tratta di ex che non si rassegnano alla fine di un rapporto, ma spesso sono veri e propri maniaci che hanno sviluppato un’ossessione nei confronti di una persona e hanno deciso di diventare la sua ombra. A volte dall’ombra scivolano fuori, passano ai fatti e aggrediscono la “preda”. La rapiscono e/o la violentano, qualche volta la uccidono.

Ricordo il caso di Debora Rizzato, 23 anni, uccisa dal proprio persecutore in un parcheggio nel novembre dello scorso anno. Da anni e anni la molestava, e le denunce erano solo servite a fargli scontare un (evidentemente) troppo breve periodo di detenzione. Che ovviamente era scattata solo quando l’individuo era passato ai fatti, violentandola che era ancora ragazzina. Una denuncia contro una persona che si “limita” a importunare, purtroppo, non serve praticamente a niente. In Italia non ci sono vere e proprie leggi contro lo stalking. Rassicurante, no?


J. Reid Meloy ha identificato una serie di caratteristiche che contraddistinguono gli stalkers e le loro vittime:

1. Sia gli stalkers che le loro vittime generalmente sono più anziani dei criminali in genere e delle rispettive vittime; di solito sono nella fascia tra i 40 e i 50 anni.
2. Generalmente gli stalkers hanno precedenti criminali, psichiatrici o di abuso di sostanze stupefacenti. Possono soffrire di disordini mentali come dipendenza da alcol e droghe, disturbi dell’umore o schizofrenia (disturbi cosiddetti dell’Asse I).
3. Gli stalkers possono soffrire anche di disturbi dell’Asse II: disordine paranoie di personalità e disordine di personalità dipendente.
4. Molti stalkers non sono psicotici nel momento in cui commettono il crimine dello stalking.
5. Le ricerche hanno indicato che lo stalking è una patologia dell’affettività, evidenziata da alterazioni affettive durante l’infanzia e recenti perdite nell’età adulta precedenti l’inizio dell’attività di stalking.
6. Almeno metà degli stalkers minacciano le proprie vittime, e anche se la maggior parte delle minacce non sono portate a compimento, il rischio di violenza aumenta quanto più le minacce sono precise.

Lo stalking sembra implicare il seguire ossessivamente la vittima, sebbene non in conformità con la definizione di “ossessivo” del DSM IV, ed è caratterizzato dal pensiero collegato all’oggetto: gli stalkers ossessivi pensano e/o fantasticano costantemente sulle loro vittime. Queste fantasie possono essere orientate verso amore, rabbia o vendetta.

Sebbene gli stalkers raramente si mostrino violenti, quando lo fanno il primo oggetto di violenza è la vittima dello stalking, il secondo è chiunque venga percepito come un ostacolo, un’interferenza tra loro e la vittima.
Le psicodinamiche dello stalking si riferiscono ai pensieri, alle emozioni e alle difese nella mente dello stalker che sono legati alla vittima. Meloy identifica le caratteristiche delle fantasie degli stalkers:

• Idealizzazione: pensieri sull’essere amato dalla vittima o amarla, o sull’essere ammirato dalla vittima o ammirarla
• Rispecchiare: essere esattamente come la vittima
• Gemellanza: fare da complemento alla vittima, integrarsi con essa
• Fusione: condividere il destino con la vittima

Il profilo dello stalker.

Gli stalkers possono aver avuto una relazione intima con le loro vittime o semplicemente il desiderio di averne avuta una. Quest’ultimo è il caso di compagni di classe, colleghi o semplici conoscenti. Gli stalkers spesso hanno fantasie ossessive di amore, rabbia o vendetta nei confronti delle loro vittime. Molti stalkers hanno una storia di relazioni fallite, hanno difficoltà a comunicare con le persone e possono essere sopraffatti dal rifiuto reale o percepito.
Sebbene gli stalkers abbiano scarse qualità comunicative e sociali, hanno buone capacità di progettazione che li aiutano a organizzare i loro piani pur rimanendo entro i limiti della legge. Possono essere maschi o femmine: anche queste in molti casi si rivelano altrettanto pericolose.

Sebbene queste persone siano caratterizzate da una varietà di disturbi dell’affezione e mentali, la ricerca indica che possono avere in comune almeno due cose: la prima un precoce disturbo dell’affezione che può essere un fattore predisponente allo stalking, la seconda una recente perdita nella vita adulta che può far scattare la molla.
Le sindromi cliniche che alterano la capacità di distinguere il reale dalla fantasia sono comuni tra gli stalkers. I sintomi includono allucinazioni, convinzioni errate e pensiero disorganizzato. Possono essere una manifestazione della schizofrenia e altri disordini.

Altre caratteristiche diagnostiche possono includere un sintomo conosciuto come “idea di riferimento” in cui eventi ordinari vengono interpretati da una persona che soffre di un certo tipo di allucinazioni come fatti che hanno uno speciale significato personale. Un altro sintomo può comprendere alcuni tipi di disturbi dell’umore come depressione o sindromi maniacali. La depressione può portare lo stalker al suicidio ma anche all’omicidio, soprattutto nei casi di violenza sul posto di lavoro.
Altri disturbi della personalità che si riscontrano negli stalkers sono quello antisociale, borderline, istrionico e narcistico.

Vittimologia.

Tipologie di stalking e relazione con la vittima:

Premessa.

Tipologie di stalking e relazione con la vittima:

• L’ossessione semplice: stalker e vittima si conoscono
• L’ossessione d’amore: assenza di una relazione tra stalker e vittima
• Erotomania: lo stalker ha l’errata convinzione di essere amato dalla vittima
• Sindrome della falsa vittimizzazione: caratterizzata dalla creazione di un elaborato scenario che una presunta vittima mette in atto per far credere di essere perseguitata da uno stalker. Questi soggetti sono di solito di sesso femminile, soffrono di disordine istrionico della personalità e queste azioni rappresentano il tentativo di riallacciare una relazione finita.

Fonte: http://www.signatureprofilingassociates.com/
Traduzione di Chiara Guarascio.

Quelli che non sanno dirsi addio

QUANDO L'AMORE DIVENTA OSSESSIONE. PERICOLOSA

Si chiama «stalking», è una tendenza in ascesa. Vittime soprattutto le donne


MILANO — Da partner mollati a spietati «aguzzini». Le storie finiscono, ma c'è chi non si arrende. E l'amore si ammala, diventa ossessione. Per uomini e donne, degni emuli di Ernesto Scianatico, il persecutore di «Ad occhi chiusi», il romanzo di Gianrico Carofiglio. La fidanzata Martina lo lascia, lui la perseguita. Inseguimenti, botte, terrore. Caso estremo di stalking. A parte l'epilogo, nella vita il copione non cambia. Innamorati senza freni, capaci di tutto di fronte a un rifiuto. Pericolosi e diabolici come Glenn Close, amante-carnefice per Michael Douglas, l'infedele-pentito in «Attrazione fatale».

Telefonate, messaggini, regali non graditi. Quando va bene. Altrimenti pedinamenti, appostamenti, auto distrutte. L'ultima moda sono i detective, assoldati per avere foto e filmati. Con uno scopo: diffonderli poi, tra amici e parenti. Atti persecutori sempre più frequenti, difficili da denunciare perché lo stalking in Italia non è ancora un reato. Con numeri allarmanti, secondo Telefono Rosa: da gennaio a maggio 2007, il 22,30 per cento delle segnalazioni di violenza si riferisce allo stalking. «Una tendenza in ascesa — sottolinea la presidente, Gabriella Carnieri Moscatelli —. Basta guardare il 2006: su 1.236 casi, il 6% è di stalking, solo un punto in più del 2005». Note preoccupanti anche dall'Osservatorio nazionale stalking: secondo una ricerca condotta in 15 regioni (conclusa a settembre), il 20 per cento della popolazione ha subito molestie (non sessuali) da ex partner. Su novemila intervistati, i casi sono 1.820, con un picco tra i 21 e i 30 anni (45%). Per l'80% a molestare sono uomini. Un fenomeno in crescita, a giudicare anche dalle richieste di aiuto: l'Osservatorio ne ha contate oltre tremila, dal 2002 al 2007, con un incremento del 136 per cento. Situazione poco rassicurante. Lo stalking dilaga. «Colpa di una società sempre più narcisistica — spiega Massimo Lattanzi, psicologo, direttore dell'Osservatorio —. Accettiamo meno rifiuti, abbandoni. Di fatto gli altri sono oggetti utili a farci star bene. Quando non rispecchiano più quello che vogliamo, inizia la persecuzione ». E indica Otello di Shakespeare, «lo stalker più estremista, che tormenta la moglie al solo pensiero che possa abbandonarlo».

Soffrono in silenzio. Non sporgono denuncia neppure se massacrate di botte. Impossibile immaginarle ribelli come Julia Roberts in «A letto con il nemico»: lei si finge morta per sfuggire al marito violento (che poi uccide). I loro racconti restano anonimi per timori di rappresaglie. Vale anche per R.N., 40 anni, due figli, il cui stalker (l'ex marito) è morto due anni fa. «Quando me l'hanno detto non ci ho creduto, ero convinta che avesse finto di morire per continuare a tormentarmi». Una storia che toglie il respiro. Riccarda (nome di fantasia) incontra Paolo nel 1988. Sembra il principe azzurro, dice di essere architetto. Vanno a vivere insieme. Poi cominciano i guai. Urla, aggressioni, abusi. Riccarda sopporta per amore dei figli. Il peggio arriva quando chiede la separazione e si rivolge a Telefono Rosa: «Mi minacciava di morte inseguendomi con un'accetta ». Le denunce non servono. «Ero convinta che prima o poi mi avrebbe ucciso». Ora che è tutto finito, a tormentarla restano gli incubi.

Il passato continua a pesare anche su Irene, 34 anni: «Era un collega. Cominciò a telefonarmi, poi a mandare fax in ufficio». Minacce di morte, appostamenti, poi il ricorso a uno psicologo: «Lo convinsi a farsi curare». Lo specialista fa solo da parafulmine. In realtà l'uomo non smette. E, secondo Irene, non finirà mai. Ma spera: «Ho un nuovo fidanzato, mi auguro che possa capire».
Anche per Sara, 40 anni, fidanzata per tre mesi con un uomo più giovane, l'amore presto diventa molesto. «Lo lasciai perché era troppo geloso. Dopo fu anche peggio». «O con me o con nessun altro». Il ragazzo si apposta sotto casa, la segue, racconta oscenità ai colleghi. Poi arrivano strattonate e schiaffoni. «Denunciarlo? Meglio di no, lo avrei esasperato». Il tormento dura otto mesi, poi lui cambia città.
E l'incubo stalking non risparmia neanche i vip. Come Patrizia de Blanck che ha il coraggio di raccontarlo. «Faceva l'imprenditore, lo frequentai per un anno. Dopo il commiato, la persecuzione». Attese sotto casa, inseguimenti, «ovunque tracce della sua presenza». Come le scatole vuote di sigarette inglesi lungo il sentiero dove lei porta a spasso il cagnolino, «imitando Pollicino».
«Era inquietante, voleva farmi sapere che lui c'era anche se non lo vedevo». E poi le telefonate mute, i sospiri via cavo, le incursioni nella hall dell'Hotel de Paris a Montecarlo. Di fatto una sorta di assedio che si conclude dopo un anno e mezzo, «solo perché incontrò un'altra donna».

Grazia Maria Mottola
10 ottobre 2007

07 ottobre, 2007

Ricevuto con e-mail


Mamma,sono uscita con amici.
Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto:di non bere alcolici.
Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare,così ho bevuto una sprite.

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo
in cui,dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al
contrario di quello che mi dicono alcuni amici.Ho fatto una scelta sana e il tuo consiglio è stato giusto.Quando la festa è finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo.

Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... Qualcosa di inaspettato!
Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la tua voce sembra cosí lontana!

Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: "questa ragazza non ce la fará".Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità.

Alla fine lui ha deciso di bere e io adesso devo morire...
Perchè le persone fanno tutto questo, mamma?
Sapendo che distruggeranno delle vite?
Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente.
Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papà di essere forte.

Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare...
Forse, se suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva...
La mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura.
Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata...
Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui,
morente.
Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene.
Per questo... ti voglio bene e... addio.

Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente.
La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole e il giornalista scriveva... Scioccato.
Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di
ebbrezza.

Se questo messaggio è arrivato fino a te E LO CANCELLI.......POTRESTI PERDERE L OPPORTUNITà, anche se NON BEVI, DI FAR CAPIRE A MOLTE PERSONE CHE LA TUA STESSA VITA è IN PERICOLO.

Questo piccolo gesto può fare la differenza.

Mandalo a tutti quelli che conosci.

Grazie

Sarà vero?..non sarà vero?..Una cosa è certa: Fa Riflettere

Giustizia è fatta?

In questi ultimi tempi mi domando spesso se viviamo in un sistema totalitario, in cui sei perseguito se dai del "pirla"a qualcuno, oppure in un sistema anarchico (inteso come assenza di regole), dove ognuno è libero di commettere impunemente i reati più efferati.
Mi riferisco alla recentissima sentenza che ha visto un uomo condannato a soli 6 anni di prigione per aver falciato in sol colpo quattro giovani vite umane, alla guida della propria automobile e completamente ubriaco. Non oso neppure immaginare ciò che stanno passando le famiglie di quei sfortunati ragazzi..
Ma che fine hanno fatto gli ergastoli? Oggi si finisce in prigione per aver rubato per fame una tavoletta di cioccolata e si rimane 'liberi' dopo aver ucciso qualcuno! E' un'assurdità! Ridate gli ergastoli! Vogliamo più sicurezza per i nostri figli perchè nessuno debba vivere il dolore e la beffa che stanno vivendo tanti poveri genitori..

Segue articolo..

Và via, psicologia


Dopo aver allentato i legami sociali e i vincoli affettivi per l'esasperato individualismo ed egoismo che si va diffondendo nella nostra cultura, oggi incominciamo a pagarne i costi in termini di tragedie umane e di inutile dispendio economico.

Se una mamma non ce la fa più a seguire i suoi bambini nel chiuso di un appartamento, dove il vicino è uno sconosciuto, in quella solitudine che le sequestra e le aliena il suo corpo, il suo tempo, il suo spazio, il suo sonno, la sua vita sociale, e a un certo punto arriva, se non ad ammazzare il figlio, a crescerlo con aggressività o profonda stanchezza e demotivazione, invece di creare strutture educative, nidi, asili, scuole a tempo pieno, le si appioppa una diagnosi di "depressione" e la si manda da uno psicoterapeuta cui versa l'equivalente in denaro della retta di una struttura educativa, che consentirebbe al figlio di crescere bene socializzando, e alla madre di non perdere la stima di sè.

Ho letto recentemente sul "Daily Telegraph" che in America l'80 per cento della popolazione usufruisce di cure psicoterapeutiche (contro il 14 per cento negli anni '60) mentre il sociologo John Nolan, nel suo recente libro The Therapeutic State, ci informa che: "Negli Stati Uniti ci sono più psicoterapeuti che librai, pompieri, postini, e addirittura due volte più che dentisti e farmacisti. Gli psicologi sono battuti numericamente solo dai poliziotti e dagli avvocati".

Società d'avanguardia come Whitbread Cable and Wireless hanno inserito l'offerta terapeutica nel contratto dei dipendenti, mentre altre forniscono ai propri licenziati assistenza psicologica, quando invece costoro avrebbero bisogno semplicemente di un nuovo posto di lavoro.

Che significa tutto questo? Che le carenze oggettive (come quelle di spazi ricreativi per i bambini, di possibilità occupazionali per i carcerati, di un pò di tempo libero per le madri relegate in casa, di nuovi lavori per i cassintegrati e i licenziati) non sono più percepite come problemi cui dare risposta sul piano della realtà, ma, per le conseguenze dolorose che determinano, sono lette come disagi psichici da affidare alle cure degli psicoterapeuti o degli psichiatri.

In questo modo si diffonde un'"etica terapeutica" che promuove non tanto l'autorealizzazione degli individui, quanto la loro autolimitazione, perchè, postulando un sè fragile, debole e in ogni suo aspetto vulnerabile, favorisce la gestione delle esistenze e delle singole soggettività. Queste, a poco a poco, si persuadono che i loro problemi non sono reali, e tali da poter trovare una soluzione in una diversa organizzazione della società, ma sono psicologici, e quindi da risolvere nel chiuso della loro soggettività.

Il risultato è che i legami sociali, dove queste difficoltà potrebbero trovare soluzione, non vengono neppure presi in considerazione e, con una lettura perversa che induce a considerare le conseguenze dolorose di un disagio reale come problemi psichici dell'individuo, si favorisce la frammentazione sociale dei singoli, sempre più isolati e chiusi nelle loro problematiche, da oggettive a soggettive, attraverso un tortuoso percorso che non porta alla guarigione ma all'alienazione.

Infatti, una volta persuaso di avere un sè fragile e vulnerabile, quindi bisognoso di un supporto, l'individuo finisce con il desiderare l'autorità terapeutica, che agisce in base alla premessa di essere la sola a sapere quali sono i suoi problemi e come si possono risolvere. Il vissuto di dipendenza che così si diffonde crea una società acquiescente e conformista: quanto di più desiderabile possa attendersi chi esercita il potere.

Che sia questo lo scopo finale cui tende questa impropria diffusione dell'etica terapeutica? Io penso di sì. Non basta infatti il "pensiero unico". E cosa, meglio dell'intervento psicoterapeutico, è capace di persuadere che, siccome la società non si può cambiare, come recita quel pessimo vangelo che porta il nome di "sano realismo", a cambiare devi essere tu, con il sacrificio delle tue aspirazioni e dei tuoi desideri di autorealizzazione, perchè più sei conforme e meno sei individuato, tutto funziona meglio, e non occorre investire per promuovere quelle strutture che favorirebbero la tua autorealizzazione, di cui nessuno ne sente la necessità?

Ma c'è davvero un futuro per società conformi e omologate che si dicono "libere", mentre all'autorealizzazione degli individui preferiscono la loro autolimitazione? Io penso di no.


da La Repubblica delle donne, 02/07/05

Segue articolo..


I precedenti articoli estrapolati da altri siti, non servono a riempire le pagine ma mi aiutano a comunicare meglio ciò che penso sul business che ruota intorno alla tutela dei minori e sulla Psicologia più in generale. Personalmente guardo con preoccupazione ciò che succede oggi a gran parte degli americani e che temo, tra qualche anno, possa accadere anche da noi. Mi riferisco al fatto che in America, in molti si sottopongono ad analisi, vale a dire, affidano la risoluzione dei loro problemi esistenziali agli psicologi. Riguardo a questo fenomeno, è molto illuminante un articolo non recente scritto da Umberto Galimberti e che ho tratto dal segunente link


Segue articolo....

Che c'azzecca la psichiatria con il Telefono Azzurro?

PENSIERI IN-BARAZZATI

C'azzecca eccome!

Infatti il convegno internazionale degli psichiatri che si terrà a Firenze il prossimo 26 agosto sarà diretto dal professor Ernesto Caffo, specialista di Neuropsichiatria Infantile e Psichiatria.
Egli è inoltre fondatore ed attuale presidente di Telefono Azzurro ONLUS.

Ecco il legame tra Telefono Azzurro e psichiatria.

Il Telefono Azzurro è forse uno strumento psichiatrico per aprire una breccia nel fertile mercato dei bambini?

Un bambino può rivolgersi a Telefono Azzurro in cerca di aiuto e trovarsi medicalizzato per il resto della sua vita?

Ecco un esempio di come si può concepire un tradimento in nome dell'aiuto.

Italian Article Marketing: http://www.articolando.com


enricobarazzoni.spaces.live.com

05 ottobre, 2007

La psichiatria sta "patologizzando" il comportamento dei bambini.

L’abitudine controversa della psichiatria nello screening e la cura dei bambini per i cosiddetti “problemi mentali”, ha recentemente attirato l’attenzione dei media a livello internazionale. L’Associated Press ha riferito giorni fa, che: “ In psichiatria c'è un campo in crescita noto come salute mentale dell’infanzia”.

Un medico di Londra, il Dott. Michael Fitpatrick, ha commentato: “ L’estensione di queste categorie (come l’ADHD) che includono dal 20 al 30% dei bambini, riflette una tendenza sociale a “patologizzare” e medicalizzare la vita dei bambini…”

In Italia la percentuale di minori italiani che soffrirebbero di iperattività e deficit di attenzione secondo le associazioni scientifiche di impostazione più organicista, sarebbe dal 4% al 20%.

(fonte: Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile, Kataweb)

Da 30.000 a 50.000, i bambini italiani che ogni giorno assumono psicofarmaci, alcuni dei quali inducono al suicidio secondo i più recenti “warning” dagli USA

(fonte: Istituto Mario Negri di Milano)


Negli Stati Uniti la professione psichiatrica sta spingendo sempre più nella direzione di programmi, come il " Teen Screen", per diagnosticare dei disturbi psichiatrici a bambini piccoli ed adolescenti, dopo di che vengono spesso prescritti loro dei potenti psicofarmaci, descritti dall’ente americano, la FDA come causa di mania, psicosi, tendenze e comportamenti suicidi, idee omicide, attacco cardiaco, colpo apoplettico e decesso improvviso. Soltanto nello stato della Florida, in un anno, sono stati prescritti antipsicotici a 4500 bambini, sotto l'età di 5 anni, coperti dall’assistenza sanitaria Medicaid. Nonostante i seri pericoli di questi farmaci, sono prescritti sulla base di diagnosi soggettive, le quali non possono essere verificate con esami fisici – tali analisi del sangue, tomografia o radiografia del cervello.


In Italia seguendo l'onda Statunitense, sempre più frequenti programmi di stampo psicologico pervadono le nostre scuole e sempre più bambini vengono direttamente indirizzati ai centri di neuropsichiatria dove invariabilmente vengono etichettati con qualche disturbo mentale.

Ben 82 centri sono stati accreditati per la diagnosi e cura dell'ADHD con psicofarmaci.


Alla gente e persino ai politici, tutto ciò viene spiegato con la necessità di aiutare i bambini e le famiglie, permettendo di individuare precocemente qualsiasi alterazione di comportamento. Dicono: "Da noi tutto è improntato alla prudenza", esattamente ciò che dicevano all'inizio, dove oggi c'è il disastro (negli Stati Uniti, 8 milioni di bambini sotto psicofarmaci e 400 morti).

Usando parole complesse e discorsi fumosi per confondere le acque, alla fine indagando si scopre ciò che vogliono ottenere: screening, diagnosi e terapia!


Non si tratta di negare aiuto a chi soffre, ma ogni bambino ha diritto alle soluzioni appropriate, che diagnosi affrettate e senza fondamento scientifico, somministrazione di psicofarmaci che cercano di annullare i sintomi, impediscono di scoprire ciò che realmente non va nel bambino, sopprimendo in molti casi la vera causa dei suoi disagi.


Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani raccomanda di informarsi attentamente, di non accettare facili diagnosi psichiatriche sia per se stessi che per i propri figli, ma richiedere accurate analisi mediche.


Se ritieni di aver subito danni a causa di diagnosi o trattamenti psichiatrici puoi metterti in contatto con il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

Tel.: 02 36510685

Email: linea.stampa@ccdu.org siti: www.ccdu.org - www.cchr.org


f-articles.com

IL SENSO DELLA VITA

"LA VITA è come una corsa in motocicletta: nessuno sa quanta benzina il destino ha messo nel nostro serbatoio...c'è chi nasce con il pieno e chi, senza saperlo, viene alla luce già in riserva...Ma che tu abbia il pieno o poche gocce di benzina, non importa...l'importante è andare al massimo ad ogni goccia..."

Questa bella definizione sulla Vita non è mia, ma mi piace citarla perchè assomiglia molto al mio personale modo di interpretare l'esistenza umana. La Vita per me è come una corsa sulla corriera, dove ciascuno di noi interrompe il proprio viaggio a sorpresa, nel momento in cui ci viene ordinato di 'scendere'.

Ma in qualunque modo interpretiamo la Vita, una cosa è certa: nessuno, a parte Dio, ha il diritto di togliercela.

Con questa definizione rivelo il motivo per cui ho deciso di aprire questo Blog. La morte improvvisa di un parente ad opera di un medico che gli ha somministrato una cura sbagliata e letale, è stata per me una doccia fredda. Ed è l'ultima di una serie di ingiustizie a cui ho assistito e che ho anche subito in questi ultimi anni.
E' di ingiustizie che voglio parlare in questo Blog..

Sogni, speranze, aspettative...una Vita andata in frantumi...In poco tempo questa persona così speciale se ne è andata tra atroci sofferenze causate da medicine sbagliate...con una umiltà che non ho mai conosciuto in nessun altro essere umano, chiedendo scusa persino alle infermiere per il 'disturbo' che dava loro, constatando quanto si dessero da fare nel cercare di tenerlo in vita...

Sentiva che sarebbe morto e che avrebbe dovuto lasciare per sempre i suoi tre adorati figli ancora adolescenti...

Per rispetto non cito il suo nome perchè, conoscendolo, non credo che avrebbe voluto essere pubblicizzato..

Alla sua famiglia non è rimasta neppure la consolazione che venga fatta giustizia..No, "ci vogliono troppi soldi per intentare una causa che dura tanto tempo...e poi chissà chi la vince...".

La verità è che 'se non sei nessuno', se non hai soldi per pagare fior di Avvocati, non hai nemmeno diritti.

Probabilmente non mi leggerà nessuno, ma non importa...

O forse al contrario, chissà, qualcuno lo farà e dirà che ci sono gruppi e associazioni che si occupano di questo problema. Sì, certo, ma gli avvocati te li devi pagare tu.

01 ottobre, 2007

Donne di alto valore sociale e culturale

Aung San Suu Kyi - Premio Nobel per la Pace