23 dicembre, 2007
Sotto l'Albero di Natale
La violenza silenziosa che molte persone subiscono nella vita quotidiana è il tema di un libro che può essere considerato come una guida preziosa per terapeuti e pazienti. Una testimonianza appassionata su uno dei problemi meno studiati e più diffusi della nostra società.
Può essere il coniuge che ci denigra in pubblico o si serve dei figli per ricattarci..in ogni caso, stiamo subendo un'aggressione, o meglio una molestia morale. Una violenza che non si manifesta sul piano fisico ma si esercita attraverso sottintesi, allusioni, sgarbi che si ripetono fino a diventare ossessivi. Una violenza che gli altri non scorgono, nemmeno se proviamo a mostrargliela: perchè è sotterranea, e chi ci aggredisce sa sedurre, persuadere - e siamo noi a passare per deboli e paranoici.
In Molestie morali, un libro che in Francia e in Germania è diventato un best seller e ha suscitato una vasta eco sull'argomento, Marie-France Hirigoyen dimostra che la violenza perversa è molto più diffusa e si basa su meccanismi molto più complessi di quanto non si creda...
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Questo libro meraviglioso costa pochissimo e ha un valore immenso. E' un libro che può servire a salvare te o una persona a te cara da un rapporto difficile, se non addirittura la vita stessa. Te lo consiglio.
Marie-France Hirigoyen - Molestie morali - Edizioni Grandi Tascabili Einaudi
La violenza intrafamiliare e la presa in carico psicologica
...sovente il partner violento non è tale con altre donne, con amici o conoscenti. Può essere anzi molto seduttivo e abile dal punto di vista relazionale.
Mostra un carattere non certamente tenero ma sicuramente tollerante: tutto ciò che invece non viene suscitato, nell'intimità della famiglia, nemmeno dai pianti e dalle implorazioni di figli anche piccoli, nonchè dalle difese strenue della donna. Nemmeno per un semplice e banale sentimento di pietà..
Eppure, certi psicanalisti non solo rifiutano di formulare il minimo giudizio sul comportamento o le azioni dei perversi che arrivano sui loro divani, perfino quando sono manifestatamente deleteri per gli altri, ma negano anche l'importanza del traumatismo per la vittima o ironizzano sul suo modo di rimuginare.
Recentemente, psichiatri a dibattito sul traumatismo e le sue incidenze soggettive hanno dimostrato come, protetti dal loro sapere teorico, potessero umiliare ulteriormente la vittima, attribuendole la responsabilità della sua posizione. Facendo riferimento al masochismo, ovvero alla ricerca attiva del fallimento e della sofferenza, hanno inoltre sottolineato l'irresponsebilità della vittima di fronte a chi la ferisce, nonchè il suo piacere nel vedersi nel ruolo di vittima. Quegli stessi psicanalisti ne mettevano in dubbio l'innocenza, sostenendo che la sua è una posizione in qualche modo comoda.
Anche se alcuni punti sono ammissibili, il ragionamento è viziato, così come lo è un ragionamento perverso, perchè non rispetta mai la vittima. Non c'è alcun dubbio che la molestia morale costituisca un trauma che produce una sofferenza. Come in ogni traumatismo, vi è il rischio che la vittima si fissi su un punto preciso del suo dolore, il che le impedisce di liberarsene.
Il conflitto diventa allora il suo unico argomento di riflessione e domina il suo pensiero soprattutto se non è riuscita a farsi ascoltare ed è sola. Interpretare la sindrome da ripetizione in termine di piacere, come troppo spesso si vede fare, riprodurrebbe il traumatismo. Bisogna prima di tutto medicare le ferite, l'elaborazione potrà venire solo dopo, quando il paziente sarà in condizione di reinvestire i propri processi di pensiero.
Come potrebbe una persona umiliata andarsi a confidare con quegli psicanalisti che parlano con un buon distacco teorico, ma senza alcuna empatia e ancora minore benevolenza per la vittima?
da Marie-France Hirigoyen, Molestie morali
Manovrare il sarcasmo, la derisione e il disprezzo.
Il disprezzo concerne il partner odiato, quello che pensa e che fa, ma anche quanti lo circondano..
Disprezzo e derisione si rivolgono in particolar modo contro le donne. Nel caso dei perversi sessuali vi è un rifiuto del sesso femminile. I perversi narcisisti, dal canto loro, negano la donna nel suo complesso in quanto individuo. Traggono piacere da tutte le battute che la mettono in ridicolo.
La compiacenza dei testimoni può fungere da incoraggiamento...
I sarcasmi e i rilievi aspri sono accettati come il prezzo da pagare per conservare un rapporto con un partner affascinante ma difficile. Per tenere la testa fuori dall'acqua, il perverso ha bisogno di far affondare l'altro. A tale scopo, procede con stoccatine destabilizzanti, preferibilmente in pubblico, a partire da un dettaglio insignificante, talvolta intimo, descritto con esagerazione, magari prendendo un alleato tra i presenti.
Quello che conta è mettere l'altro in imbarazzo. Si percepisce l'ostilità, ma non si è sicuri che non si tratti di uno scherzo. Sembra che il perverso stuzzichi, in realtà attacca nei punti deboli: il "naso grosso", i "seni piatti", la difficoltà a esprimersi...
In queste aggressioni verbali, in queste prese in giro, in questo cinismo vi è anche una componente ludica: è il piacere della polemica, il gusto di spingere l'altro a opporsi...Se il partner non reagisce abbastanza, è sufficiente esagerare un pò con la provocazione. Il partner vittima di questa violenza non reagisce perchè tende a scusare l'altro, ma anche perchè la violenza si instaura in modo ingannevole. Se un atteggiamento aggressivo del genere sopraggiungesse all'improvviso, potrebbe suscitare solo rabbia, invece il fatto che sia messo in atto a poco a poco smorza ogni reazione. La vittima riconosce l'aggressività del messaggio solo quando è diventato quasi un'abitudine.
Le parole del perverso narcisista trovano uditori che egli riesce ad affascinare e che sono insensibili all'umiliazione subita dalla vittima. Non è raro che l'aggressore chieda a quanti assistono di partecipare, volenti o nolenti, alla sua azione demolitrice.
Riassumendo, per destabilizzare l'altro basta:
- farsi beffe delle sue convinzioni, delle sue scelte politiche, dei suoi gusti;
- non rivolgergli la parola;
- ridicolizzarlo in pubblico;
- denigrarlo davanti agli altri;
- privarlo di ogni possibilità di esprimersi;
- beffarsi dei suoi punti deboli;
- fare allusioni scortesi, senza mai esplicitarle;
- metter in dubbio le sue capacità di giudizio e di decisione.
...
Di fronte a una persona che blocca qualsiasi tipo di comunicazione, la vittima si trova costretta ad agire. Ma, impedita dal condizionamento, può farlo solo in un soprassalto violento, allo scopo di recuperare la propria libertà..L'aggredito, già colpevole per il perverso, agli osservatori esterni sembra essere l'aggressore. Ciò che essi non vedono è che la vittima è messa in una condizione tale per cui non ha più la possibilità di rispettare un modus vivendi che è per lei una trappola. E' tra due fuochi e, qualunque cosa faccia, non può cavarsela. Se reagisce, accende il conflitto. Se non reagisce, lascia che la distruzione mortifera si espanda..
da Marie-France Hirigoyen, Molestie Morali
19 dicembre, 2007
Omicidi in famiglia, uno su tre è annunciato
Milano - Irruzioni minacciose in casa. Telefonate nel cuore della notte. Scenate rabbiose in mezzo alla strada. Una scia sinistra di episodi inquietanti e, spesso, alla fine l’omicidio dell’ex partner. Più di cento morti annunciate in cinque anni, cento croci fra il 2000 e il 2004: una Spoon River agghiacciante. Finalmente, il Parlamento corre ai ripari: oggi la Commissione giustizia della Camera approverà il disegno di legge che combatte quello che con termine inglese si definisce stalking. Parola che si può tradurre letteralmente con inseguimento, in modo più adeguato con persecuzione o molestie assillanti. Un fenomeno esteso e che finora in Italia è stato combattuto con armi spuntate.
«Adesso - spiega Giulia Bongiorno, deputato e avvocato - si cambia registro. Il nuovo testo prevede una pena da 6 mesi a 4 anni e soprattutto l’introduzione del reato porterà ad anticipare l’azione penale, ad interrompere quell’escalation di violenza che giunge anche alla morte».
Anna Baldry, psicologa e criminologa della Seconda università di Napoli, offre numeri spaventosi: «Ho studiato - con una ricerca finanziata dalla Ue - trecento delitti commessi fra partner o ex partner. La stragrande maggioranza, l’88 per cento, ha come vittime le donne. E nel 39 per cento dei casi si tratta di crimini annunciati perchè a colpire è l’ex: ex amante, ex marito, ex fidanzato. Non ci sono certezze matematiche, ma in sostanza oltre cento delitti sui trecento presi in considerazione arrivano dopo un periodo più o meno lungo di molestie, di persecuzioni, di botte o violenze, di persecuzioni». Lo stalking è l’anticamera della morte, il killer poteva essere fermato. «L’ex - riprende Baldry - non si rassegna, vorrebbe riprendere la relazione, non accetta l’allontanamento e alla fine si macchia del sangue della donna che amava. Non solo: nel 35 per cento dei massacri esaminati, l’assassino si suicida».
Certo, ci si può chiedere come sia possibile arrivare a tanto, ma Baldry, che a Roma gestisce lo sportello antistalking Astra, prova a dare una spiegazione: «E’ più facile denunciare lo sconosciuto che ti molesta. Diventa assai più difficile puntare il dito contro l’ex: in fondo lo si è scelto, si tende a sottovalutare il rischio, si teme di recitare la parte dello stupido che si spaventa magari dopo anni di relazione».
Così il mostro che cova alle porte di casa cresce fino ad esplodere.
Attenzione, il vocabolo stalking copre una realtà più ampia: «La metà delle situazioni - aggiunge Baldry - è relativa a ex che tornano all’attacco con un’insistenza insostenibile; poi c’è un quarto di molestie originato da un quadro opposto: il corteggiatore che non vuole aprire gli occhi e non ammette la sconfitta. E’ più difficile immaginare che questa tipologia di stalking sfoci nell’omicidio, ma non lo si può escludere. Infine, c’è un capitolo che prescinde dai sessi: il paziente che si vendica dei presunti torti subiti dal medico, il vicino di casa che punisce sistematicamente il nemico oltre la siepe, l’operaio che vuole regolare i conti con il datore di lavoro. Però, il caso classico è quello degli ex partner, categoria in crescita tumultuosa perché la società spezza i legami».
La studiosa non ha dubbi: «Ho letto trecento fascicoli, ma non mi è mai capitato di imbattermi in un ex che uccide a freddo, dopo anni e anni di lontananza. No, c’è sempre un’incubazione, suonano campanelli d’allarme, ci sono molteplici segnali premonitori».
Ora, anche la “terapia“ sul versante penale viene aggiornata: «Con lo stalking - spiega la Bongiorno - è il questore ad intervenire, con grande celerità: il questore può diffidare il molestatore, può impedirgli di andare in una certa città o altro ancora. In qualche modo può, con il suo intervento, spezzare quell’accerchiamento progressivo della vittima prima che scoppi la tragedia».
di Stefano Zurlo - mercoledì 19 dicembre 2007,
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=228603&START=1&2col=
09 dicembre, 2007
Stalking, le minacce dell'amore molesto
LIBERTA' di sabato 8 dicembre 2007 > Piacenza
Dal mal l'amore cantato dai romantici ottocenteschi (nient'altro che un sintomo di depressione latente, dice l'esperto psichiatra Antonio Saginario) al delitto passionale passando per le patologie mascherate da un finto romanticismo. Ieri mattina alla Sala Colonne dell'ospedale tra i vari casi clinici in esame si è parlato anche di stalking. «Con questa parola si identificano i comportamenti del molestatore assiduo che concentra le sue attenzioni su una vittima scelta ha spiegato il medico. Per rientrare in questa classificazione il molestatore deve avere come pensiero dominante una persona, uomo o donna, di cui cerca in modo ripetuto e perdurante il contatto attraverso una gamma di comportamenti ben definiti». E citando le classificazioni mediche Saginario ha ricordato che per parlare di stalking, l'amore molesto, è necessario che un soggetto agisca nella direzione di ottenere sorveglianza, comunicazione e vicinanza continua con la sua "preda". «La cosa più importante per lui è mantenere una relazione costante, ha detto, fatto che lo spinge a seguire le persone, sorvegliarne anche la casa, cercare di sapere il più possibile sulla sua quotidianità. Al culmine della patologia si può arrivare alla violenza verbale o addirittura fisica». Un'altra caratteristica necessaria per rientrare nel campo della violenza a sfondo amoroso è il vissuto negativo del destinatario delle attenzioni. «L'interessato vive in modo minaccioso e intrusivo i comportamenti di cui è, suo malgrado, protagonista. Se, invece, non si accorgesse di quanto sta accadendo non è possibile parlare di stalking», ha precisato Saginario. Ma secondo la letteratura medica esistono anche diversi tipi di molestatori: il rifiutato (molto spesso ex fidanzati e mariti), rancorosi (fautori di una vendetta post torto), persone che cercano di soddisfare un'intimità, corteggiatori inadeguati (innamorati ma senza strumenti per portare a termine in modo consono il proprio corteggiamento) e i predatori, che, a fini sadici, vogliono mantenere il controllo della vittima..
http://www.liberta.it/asp/default.asp?IDG=712085021&H=
Dal mal l'amore cantato dai romantici ottocenteschi (nient'altro che un sintomo di depressione latente, dice l'esperto psichiatra Antonio Saginario) al delitto passionale passando per le patologie mascherate da un finto romanticismo. Ieri mattina alla Sala Colonne dell'ospedale tra i vari casi clinici in esame si è parlato anche di stalking. «Con questa parola si identificano i comportamenti del molestatore assiduo che concentra le sue attenzioni su una vittima scelta ha spiegato il medico. Per rientrare in questa classificazione il molestatore deve avere come pensiero dominante una persona, uomo o donna, di cui cerca in modo ripetuto e perdurante il contatto attraverso una gamma di comportamenti ben definiti». E citando le classificazioni mediche Saginario ha ricordato che per parlare di stalking, l'amore molesto, è necessario che un soggetto agisca nella direzione di ottenere sorveglianza, comunicazione e vicinanza continua con la sua "preda". «La cosa più importante per lui è mantenere una relazione costante, ha detto, fatto che lo spinge a seguire le persone, sorvegliarne anche la casa, cercare di sapere il più possibile sulla sua quotidianità. Al culmine della patologia si può arrivare alla violenza verbale o addirittura fisica». Un'altra caratteristica necessaria per rientrare nel campo della violenza a sfondo amoroso è il vissuto negativo del destinatario delle attenzioni. «L'interessato vive in modo minaccioso e intrusivo i comportamenti di cui è, suo malgrado, protagonista. Se, invece, non si accorgesse di quanto sta accadendo non è possibile parlare di stalking», ha precisato Saginario. Ma secondo la letteratura medica esistono anche diversi tipi di molestatori: il rifiutato (molto spesso ex fidanzati e mariti), rancorosi (fautori di una vendetta post torto), persone che cercano di soddisfare un'intimità, corteggiatori inadeguati (innamorati ma senza strumenti per portare a termine in modo consono il proprio corteggiamento) e i predatori, che, a fini sadici, vogliono mantenere il controllo della vittima..
http://www.liberta.it/asp/default.asp?IDG=712085021&H=
03 dicembre, 2007
La comunicazione perversa
Non c'è mai comunicazione diretta perchè "non si discute con le cose". Quando si pone una domanda, i perversi eludono. Dato che non parlano, si attribuisce loro importanza o sapere. Si entra in un mondo in cui c'è poca comunicazione verbale, giusto qualche osservazione in forma di stoccatine destabilizzanti. Non si parla di niente, tutto è sottinteso. Basta un'alzata di spalle, un sospiro. La vittima cerca di capire: "Che cosa gli ho fatto? Che cos'ha da rimproverarmi?".
Dato che non si dice niente si può rinfacciare tutto. La negazione del rimprovero o del conflitto da parte dell'aggressore paralizza la vittima, che non può difendersi.
L'aggressione viene perpetrata rifiutando di parlare di quello che succede, di discutere, di trovare insieme delle soluzioni. Se si trattasse di un conflitto aperto, sarebbe possibile dibattere e si potrebbe trovare una via d'uscita. Ma nel registro della comunicazione perversa bisogna prima di tutto impedire all'altro di pensare, di capire, di reagire.
Sottrarsi al dialogo è un modo ingegnoso per aggravare il conflitto, mentre lo si imputa all'altro. Si nega alla vittima il diritto di essere ascoltata. Al perverso, che rifiuta di sentirla, non interessa la sua versione dei fatti. Rifiutare il dialogo è un modo per dire, senza esprimerlo direttamente a parole, che l'altro non interessa o addirittura che non esiste..
Di fronte al rifiuto della comunicazione verbale diretta non è raro che la vittima ricorra alle lettere. Scrive per chiedere spiegazioni del rifiuto che avverte; poi, non ricevendo risposta, scrive di nuovo e va alla ricerca di cosa, nel proprio comportamento, potrebbe aver giustificato un atteggiamento del genere. Può accadere che finisca con lo scusarsi di quello che ha potuto eventualmente fare, più o meno consciamente, per giustificare l'atteggiamento del suo aggressore.
Queste lettere, lasciate senza risposta, vengono a volte utilizzate dall'aggressore contro il suo bersaglio. E' così che, dopo una scena violenta in cui una vittima aveva rimproverato al marito la sua infedeltà e le sue bugie, la sua lettera di scuse è finita al commissariato, per violenza coniugale: "Guardate, riconosce la sua violenza"..
Quando una risposta c'è, è sempre marginale, indifferente. Può succedere che una lettera, carica di affettività e di emozione, di una donna a suo marito ("Dimmi che cosa c'è in me di così insopportabile per odiarmi al punto da avere in bocca solo disprezzo, insulti, ingiurie. Perchè mi parli in termini di rimprovero, di contestazione, senza disponibilità, a monologhi...") si attiri una rispota formale, completamente priva di affetto: "Ti spiego. I fatti non sussistono. Tutto è contestabile. Non ci sono riferimenti nè verità evidenti..".
La non comunicazione si ritrova a tutti i livelli espressivi. Di fronte al suo bersaglio, l'aggressore è teso, il suo corpo è rigido, lo sguardo sfuggente..
M.F. Hirigoyen, Molestie morali
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