26 agosto, 2009

La Resa


Un’Amica mi ha fatto notare che esiste un’altra categoria di narcisista a parte quella da me trattata…è vero, ma ne parlerò un’altra volta per non affrontare sempre lo stesso argomento!

Oggi voglio parlare del senso di impotenza che accomuna molte vittime di atti persecutori.

Innanzitutto voglio precisare che questo articolo nasce da alcune mie riflessioni e dal frutto della mia esperienza personale.

Spesso mi sono sentita chiedere il motivo della mia “resa rispetto agli eventi della mia vita”. Più che di una resa credo che si tratti di quella che io definisco una…paralisi psicologica, difficilmente comprensibile esteriormente ma, al contrario, condivisa da chiunque viva o abbia vissuto esperienze di natura claustrofobica situazionale che si innesca quando il soggetto vive una coercizione mentale, cioè è costretto a subire situazioni che non desidera, e pertanto innesca un meccanismo di difesa che lo porta a stare male in tutti quelle situazioni in cui non intravvede via d’uscita. Mi riferisco al fatto di essere o essere stati oggetto di episodi stalkizzanti.

Vergogna, timore di non essere compresi o di non essere creduti, alimentano questa “paralisi”. Ma ancor peggiore è la delusione e la sfiducia che nasce dal fatto di non essere presi sul serio dagli operatori preposti a tutela delle vittime (associazioni , psicologi, magistrati, forze dell’ordine, ecc..) quando essi sottovalutano gli episodi e i segnali indicativi delle molestie subite. Alcuni sopportano perché pensano di meritare quello che subiscono.

Altre volte invece, l’immobilismo nasce dal timore di subire ritorsioni e quindi dalla paura..Oppure dalla non consapevolezza che quello che si sta subendo costituisce reato e che oggi esiste una legge a tutela del “problema”.
Molto spesso la vittima è coartata, incapace di reagire e ribellarsi alle manipolazioni e agli attacchi del suo persecutore.

L’indifferenza, l’opportunismo, l’ingenuità, l’insensibilità al problema o, ancora peggio, la complicità col persecutore da parte di tutti coloro che entrano in contatto con la vittima, non fanno che esacerbare il suo già presente senso di prostrazione e disperazione, creandole quel senso di impotenza che in molti all’esterno non riescono a comprendere.


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