26 ottobre, 2007
Madri in crisi d'identità
SILVIA BONINO*
TORINO
La cronaca cittadina degli ultimi giorni si è occupata di due vicende che hanno coinvolto in modo drammatico bambine piuttosto piccole: l'una è morta cadendo dal balcone in circostanze ancora non completamente chiarite, l'altra è fuggita di casa nella notte dopo essere stata ferita, a quanto sembra, dalla madre al culmine di un litigio coniugale.
Non che in passato fosse tutto facile: sarebbe sbagliato immaginare una famiglia, dei genitori e delle madri che sono oggi alla deriva a fronte di un passato di cui si dimenticano facilmente gli orrori privati e pubblici nei confronti dell'infanzia. E’ la maggiore sensibilità cresciuta verso l'infanzia che ci porta a guardare con più attenzione a ciò che succede ai bambini e alle loro mamme.
Tra le numerose cause a cui si possono ricondurre le difficoltà che molte donne incontrano nell'essere madri «sufficientemente buone», mi soffermo su una: la ricerca della perfezione nel proprio ruolo di madre e nella relazione con il bambino. Fin dal momento in cui il bambino nasce, molte donne sono travolte dalla richiesta di essere madri perfette: il loro bambino deve crescere bene sul piano fisico, deve presentare il massimo benessere psicologico e la relazione con lui deve essere sempre armoniosa.
Ma come ogni madre ben presto sperimenta, le cose non vanno affatto così: i neonati sono talvolta difficilissimi da comprendere, mentre più grandi non fanno ciò che viene loro richiesto. La madre si trova allora a dover affrontare pianti, urla, rifiuti e conflitti che smentiscono quell'immagine da spot pubblicitario che il mondo le propone. La solitudine in cui molte madri allevano i propri figli, anche se il partner è fisicamente presente, non fa che aggravare il peso.
Accettare che la relazione con il bambino è fatta anche di momenti di difficoltà è indispensabile per non cadere nelle trappole del senso di frustrazione o addirittura di impotenza che il mancato raggiungimento di quel modello ideale comporta. Se questa presa di coscienza non avviene, può accadere che la madre reagisca al senso di fallimento che prova aggredendo o se stessa o i figli: l'aggressione è una delle possibili reazioni alla frustrazione. Come evitare questo?
Anzi tutto riconoscendo che il ruolo di madre è difficile e faticoso e che le donne non vanno lasciate sole. Ma soprattutto occorre accettare che il ruolo di madre è sì meraviglioso, ma è anche sempre fallibile e imperfetto. Se si accetta questo diventa possibile per la madre accogliere senza drammi le emozioni negative che nascono nella relazione, sia in lei che nel bambino. Diventa anche possibile parlare e riflettere su queste emozioni, senza agire in maniera violenta nei confronti di se stessa o del proprio figlio.
* Dipartimento Psicologia
Università di Torino
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200710articoli/4847girata.asp
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