28 maggio, 2009

OLTRE LO STALKING...RIFLESSIONI


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Con esclusione, quindi, dei casi in cui il molestatore compie determinate azioni solo per accontentare un impulso verso sé stesso, negli altri vi è un denominatore comune: l'assoluta indifferenza, o disprezzo, dei sentimenti della vittima. Il suo dolore, la sua sofferenza, le conseguenze sulla sua vita, lasciano assolutamente indifferente il molestatore. In determinati casi, invero, il molestatore usa queste situazioni a suo vantaggio, per avvicinare ancora di più a sé la vittima, per ridurne sempre più la lucidità (e conseguentemente la capacità di ribellarsi), ed anche per scoraggiarne la reazione, cercando di garantirsi l'impunità. L'indifferenza delle persone che hanno contatti con la vittima, la loro mancata percezione del problema, l'opportunismo o altri fattori, quando presenti le rendono di fatto parte inconsapevole del macchinoso piano del molestatore.

Spesso queste dinamiche si incrociano con quelle del mobbing, inteso non in senso esclusivo ad un contesto lavorativo, ma anche a consessi scolastici o di gruppi similari.
Il MOBBING, a ben vedere, rappresenta semplicemente una applicazione, generalmente riferita e adattata al contesto lavorativo, del medesimo meccanismo di base.
Nel mobbing, tuttavia, è prevalente la manipolazione del gruppo, che diventa la vera arma vincente del molestatore, ma gli strumenti sono i medesimi. Un molestatore che opera in un contesto lavorativo dispone degli strumenti per attuare, alla bisogna, anche dinamiche di mobbing più o meno accentuate, magari in combinazione con altre metodiche, a fini di vendetta pura e semplice o al fine di neutralizzare una vittima che si sta ribellando. Le variabili sono praticamente infinite, e una peggio dell'altra.

Questa particolare tipologia di molestatori, per poter fare questo, deve necessariamente mancare di componenti caratteriali fondamentali per l'equilibrio di una personalità normale. Uno degli elementi comuni, quindi, è la presenza di turbe e alterazioni nella sfera affettiva, molto spesso anche in quella sessuale, che si traduce poi in estreme difficoltà relazionali, superate, appunto, con la manipolazione e la finzione.
Non bisogna, però, commettere l'errore di considerarli dei semplici malati: questi soggetti sono estremamente pericolosi ed altrettanto dannosi per la società, in quanto individuabili con difficoltà, e in grado di arrecare danni notevoli e irreversibili sia in singole persone che in gruppi sociali ristretti e/o relativamente allargati (famiglia, amici, colleghi, etc).

Difficilmente questi soggetti riescono a raggiungere posti di rilievo in contesti numericamente significativi (da un canto perchè dotati di meccanismi diffusi di comunicazione delle informazioni, e dall'altro perchè hanno la necessità di mantenere il controllo della situazione attraverso il contatto diretto e costante con le persone che ne fanno parte, in quanto hanno anche la necessità di manipolare i canali di comunicazione del gruppo).
In alcuni casi , infatti, il vero volto di questi soggetti emerge perchè qualcosa viene meno negli equilibri forzati che erano riusciti a creare nel contesto di riferimento, e la conseguente osmosi di informazioni non controllate ne decreta la rivelazione della reale personalità del molestatore. In questo caso, generalmente, il molestatore crea artatamente situazioni di conflittualità che ne giustifichino il successivo allontanamento dal consesso, che mette in atto appena può.

La menzogna, poi, è uno strumento particolarmente padroneggiato ed efficace, quando utilizzato da questi soggetti. Piuttosto che di “menzogna”, infatti, appare più corretto parlare di “lacerazione della verità”. Con questa operazione, che consiste nel costruire le menzogne mischiandole e supportandole parzialmente con accadimenti reali, il molestatore riesce a fornire visioni credibili ed in fondo verosimili delle proprie bugie e diffamazioni (diffuse in maniera subdola e capillare, talvolta propinata sotto forma di “innocente” gossip), rendendo estremamente difficoltosa l'individuazione della verità.

Questi soggetti, generalmente, sono connotati da un ego “sovradimensionato”, da brame di potere, dall'uso spregiudicato e frequente della menzogna e della diffamazione, e da una assoluta freddezza anche in frangenti, o contesti, che metterebbero in difficoltà (o semplice imbarazzo) una persona normale.
Questi dati di comunanza dipendono dal fatto che la loro intera esistenza, nonché la affermazione di sé, dipende dal controllo che esercitano sugli “altri” (e per questo si convincono di essere “superiori”, mentre non si rendono conto che gli altri non “controllano” i rapporti solo perchè non ne hanno alcuna necessità), dal fatto che hanno continua necessità di strumenti di “controllo” (da qui la brama di potere), e dal fatto che sono spesso totalmente incapaci di provare vere e proprie emozioni e/o affetti (da qui la freddezza e la lucidità).

In sintesi, ognuno questi soggetti è una sorta di “frankenstein” psicologico: una personalità costruita e finta, in assenza di una vera che non possiedono. Queste persone, in sostanza, non “vivono” la vita, perchè non ne sono in grado, e quindi ne “recitano” una che si sono costruiti.

Per esemplificare il mio pensiero: questi soggetti sono, in versione psicologica, l'equivalente del personaggio principale descritto nel libro “Il profumo” di Patrick Suskind. Questo personaggio, infatti, resosi conto, nella sua vita, di non avere alcun odore “Capirà dunque di non essere mai stato nessuno agli occhi degli altri, di non esistere per il mondo. Sarà così che cercherà di prendersi una rivincita con il destino, cercando di costruirsi da solo un odore proprio talmente incantevole da far innamorare il mondo di lui” (tratto da wikipedia). Il personaggio, quindi, per raggiungere il suo fine (esistere) diventa un esperto creatore di profumi. La storia finisce tragicamente, perchè il fine che il personaggio persegue è, di fatto, impossibile da raggiungere: dedicare la propria esistenza senza viverla, a cercare di “esistere per poterla vivere", è una contraddizione in termini evidentissima a tutti, tranne che a lui.

Nello stesso modo, quindi, questi soggetti, nel cercare di costruirsi una personalità, diventano esperti delle emozioni altrui, delle logiche e delle dinamiche sociali, e spesso si impadroniscono, nel loro percorso, di strumenti utilizzabili per la manipolazione psicologica che possono essere utili al loro scopo.

Altro dato saliente, è che i molestatori di questa specie si nutrono di informazioni: hanno bisogno di sapere quali persone attraversano un periodo di maggiore difficoltà, e quindi sono più vulnerabili. Nella prima fase, quindi, si approvvigionano di notizie personali sulle potenziali vittime, e, se possibile, di confidenze intime e di segreti, che poi useranno per conoscere meglio le dinamiche mentali ed il contesto personale della persona, per penetrare sempre più nella loro esistenza.
Molto spesso sono proprio loro i primi a confidare (fintamente) le loro storie intime. Narrano per primi, ad esempio, la loro vita (“adattata” per l'occasione) spingendo le leve della solidarietà e della comprensione, e costruendo l'immagine psicologica che vogliono dare di sé, iniziando ad innescare il meccanismo che li porterà ad acquisire, se possibile, notizie riservate e confidenziali che poi useranno anche a fini “bloccanti”, per aumentare i sensi di colpa nella vittima ed anche per limitarne a livello inconscio un eventuale desiderio di ribellione. E' sufficiente che dicano, ad esempio, frasi del tipo “.. sai, pensa se si venissero a sapere certe cose ...”, per innescare dei veri e propri blocchi mentali.
Quasi sempre questi “input” vengono dati a freddo, in momenti di assenza di conflittualità. E per questo sono ancor più subdolamente sufficienti ad instaurare nella vittima una sensazione di paura per i danni derivanti da una reazione, anche se maturata in tempi successivi. La chiave di lettura è la instaurazione, nella psiche della vittima, di una artata e costruità “complicità”, che la deve spingere a sentirsi “colpevole” della situazione di molestia e controllo in cui si è venuta a trovare.

Il termine “perverso”, per definire questa situazione, è certamente riduttivo.

Questi soggetti, generalmente, hanno anche altri tratti riconoscibili: dato che hanno bisogno di apparire “normali”, ma hanno bisogno di “controllare” le loro relazioni, difficilmente hanno rapporti di frequentazione assidua con più di una o due persone alla volta (che loro propinano all'esterno come rapporto di amicizia – più avanti questo concetto sarà chiamato“wing”), e generalmente queste persone sono, rispetto a loro, in qualche modo dipendenti (gerarchicamente, o economicamente, o in qualche altro modo). Si associano spesso a gruppi di qualche tipo, per simulare passioni o hobbies, e dare parvenza di vita sociale in contesti che li hanno “approvati”.
Generalmente, in sintesi, non hanno amici.

Quasi sempre questi soggetti “costruiscono” la loro vita familiare secondo i medesimi canoni. Il partner, coniuge o meno, viene “selezionato” tra soggetti che non hanno un tessuto familiare che li supporta. Il contesto di controllo non può venir meno, e questi soggetti sono capaci di simulare per una vita intera. Quando i rapporti non consentono più di essere governabili, cessano (separazioni, etc) e il partner viene “rimpiazzato” con uno più “idoneo”.

Nella stragrande maggioranza dei casi, inoltre, questi soggetti sono mal considerati dalla famiglia di provenienza (la classica “pecora nera”), perchè i familiari conoscono bene la loro vera natura. Molto frequente anche l'essere stati addirittura “banditi” dalla famiglia di provenienza (verso i cui componenti nutriranno per sempre un rancore feroce, anche se dissimulato da rapporti più o meno normali, ma solo all'apparenza).

Naturalmente, non tutti possono cadere così facilmente nella rete di questi soggetti. Di conseguenza le loro vittime preferite sono rappresentate da chiunque attraversi un periodo di maggiore difficoltà. Alcuni di questi soggetti, quindi, adottano sistemi, o tendono a ricoprire ruoli sociali, che gli permettano di incontrare persone che potranno, in qualche modo, manifestare loro uno stato di difficoltà, e che, ancor meglio, si debbano rivolgere proprio a loro per avere aiuto.

E' il semplice principio della tela del ragno, che esemplifica, però, il grado di pericolosità sociale di questi soggetti, e rappresenta, al contempo, una delle loro migliori armi di difesa: la difficoltà ad essere individuati. E' il classico caso dell'insospettabile, secondo la logica del “chi l'avrebbe mai detto”? Per la nostra mente, infatti è molto più difficile accettare il concetto che proprio da certi soggetti possano provenire determinati comportamenti negativi. Il modo migliore di non essere scoperti, infatti, è mimetizzarsi. E loro lo sanno molto bene.

Quando si sentono messi in pericolo nel loro mimetismo, di solito, questi soggetti reagiscono con inusitata violenza, determinazione e cattiveria. Tutto, purchè non emerga la loro vera natura. In questi frangenti possono essere veramente pericolosi. Per difendersi, non esiteranno a scatenare tutta la loro capacità di manipolazione e, se si vedono perduti, possono giungere alla violenza fisica senza esitare...

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17 maggio, 2009

Donna incinta uccisa: ergastolo per il marito


PERUGIA - Ergastolo per Roberto Spaccino, di 39 anni, accusato di avere ucciso picchiandola e soffocandola con un cuscino la moglie Barbara Cicioni, di 33, incinta di otto mesi e madre dei loro due bambini.

La corte d'assise ha accolto la richiesta del pm. Il delitto avvenne nella notte tra il 24 ed il 25 maggio 2007 nella villetta di Compignano di Marsciano, nelle campagne umbre, dove abitava la coppia. La sentenza, dopo circa dieci ore di camera di consiglio, è stata letta stasera dal presidente della corte Giancarlo Massei...
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Barbara Cicioni venne uccisa nella sua camera da letto della villetta di famiglia. Nella stanza accanto dormivano i due figli della coppia, Niccolò e Filippo, di otto e quattro anni, ora affidati ad alcuni parenti.

In base alla ricostruzione accusatoria Spaccino uccise la moglie al termine dell'ennesima lite. In particolare - ritengono gli inquirenti - la percosse e la soffocò con un cuscino.

Oltre che per l'omicidio, Spaccino è stato condannato per maltrattamenti nei confronti della moglie, per avere provocato l'interruzione della sua gravidanza e per avere simulato un furto nella villetta. In pratica, secondo l' accusa, Spaccino dopo avere ucciso la moglie si sarebbe recato nella lavanderia di famiglia nella vicina Marsciano per compiervi alcune operazioni in modo da procurarsi un alibi e poi avrebbe messo un po' a soqquadro la casa per simulare una incursione di ladri durante la sua assenza.

Il pm Antonella Duchini nella sua requisitoria aveva invece sottolineato che nella casa del delitto "non è stata trovata una sola impronta o una traccia di Dna di un estraneo". L'imputato nell' interrogatorio davanti alla corte ha ripetuto di non sapere cosa fosse successo in casa la sera del delitto durante la sua assenza. Ha solo ammesso che quella sera c'era stata una animata discussione con la moglie, "come quelle che accadono spesso nelle famiglie".

I suoi difensori nelle arringhe conclusive avevano rivolto pesanti critiche alla conduzione delle indagini sostenendo che si era subito privilegiata la pista del delitto in famiglia trascurando le altre, quali quella della irruzione del ladri che scoperti avevano ucciso la donna. Adesso, lo hanno già annunciato, sarà la corte d' assise di appello a dovere riesaminare la vicenda.

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