24 luglio, 2010

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE: E' NECESSARIA UNA RIVOLUZIONE CULTURALE!


Si assiste quotidianamente ad una vera e propria “mattanza” delle donne per mano dell'uomo e l'indignazione non basta più, la lotta contro la violenza sulle donne non può prescindere da una rivoluzione culturale del nostro Paese.


Si guarda all'omicidio ed alla violenza sulla donna come ad un fenomeno deprecabile si, da condannare, ma con il quale convivere per via di una ineliminabile istintualità dell'uomo.

Solo quando la morte di una donna entra nella pagina di cronaca nera di un telegiornale, allora segue, inesorabile, il balletto dell'indignazione dei politici, le proclamazioni di intenti dei legislatori e le dichiarazioni di solidarietà alla famiglia della vittima da parte del ministro preposto.


I defilèe degli psicologi, pronti a trattare l'argomento, affollano i programmi televisivi. La formale indignazione e l'astratta dichiarazione di guerra alla violenza contro le donne da parte degli organi istituzionali non bastano a fermare un fenomeno i cui numeri sono quelli di una carneficina.


E se appare giusto fare una guerra culturale contro il fumo – tanto che se ora, in Italia, qualcuno si accende una sigaretta in un locale, anche privato, viene visto come un appestato –, non altrettanto prioritario appare riconsiderare il rapporto con la rappresentazione della figura femminile, anzi, l'essere conquistatore di donna è elevato a virtù negli incontri istituzionali.


Qui sta la miopia del sistema, che non riesce a vedere che la violenta prevaricazione del maschio sulla femmina viene quotidianamente alimentata dalla maniera in cui la donna viene considerata.Se un uomo arriva ad uccidere una donna, dietro il suo agire vi è un substrato culturale che lo “legittima” a farlo. Non è una questione di naturale superiorità fisica, perché così ragionando l'uomo dovrebbe esercitare la stessa violenza sugli anziani, sui bambini, e del resto, nel mondo animale, il maschio non uccide la femmina in quanto più debole, ma si confronta con un altro maschio.


Il potere che l'uomo esercita sulla donna deriva dalla considerazione della stessa come una merce, priva di volontà, di cui egli può disporre. I messaggi sulla donna trasmessi televisivamente e sulla carta stampata sono inequivocabili.


La donna è un oggetto promozionale con espliciti fini di marketing, non c'è giornale “d'evasione” che non abbia in copertina una donna seminuda per promuoverne la vendita, non c'è programma televisivo che non abbia un'ampia coreografia di donne mute che indossano vestiti ridicoli per il diletto del pubblico maschile.


Non vi è pubblicità che non veda l'uso del corpo della donna per incentivare il consumo dei prodotti più disparati. La donna è merce e la mercificazione della donna la rende, agli occhi dell'uomo, un oggetto senza volontà, che egli può possedere e dalla quale non può e non deve accettare il rifiuto. Una rappresentazione della donna di questo tipo crea, culturalmente, un messaggio distorto sul rapporto di relazione con la stessa.


E' necessario modificare questa immagine della donna. Scuola, famiglia, istituzioni, stampa, media, programmazione televisiva, tutti devono farsi portatori e promotori di una immagine della donna non mercificata. Se non si fa questo ogni uomo, soprattutto che non abbia avuto una formazione scolastica od educativa e che si sia nutrito solo dei messaggi reiteratamente propinati dai media, non potrà comprendere l'esercizio di volontà della donna e, quando vedrà che lei non si sottometterà al suo volere, ne vorrà disporre fino ad ucciderla.


Quanto agli interventi possibili, sotto questo profilo culturale può essere utile valutare l'istituzione di un Garante che vigili sulla dignità della donna, sul modo in cui la stessa viene rappresentata, sullo spazio che le viene concesso per parlare, sulla strumentalizzazione dl corpo femminile a fini consumistici.


Sotto il diverso profilo degli interventi immediati, le vittime della violenza vanno aiutate in tutto il percorso successivo allo stupro, alla violenza, a partire dai luoghi di prima accoglienza, di sostegno psicologico, dentro il processo ed economicamente laddove i responsabili non possano affrontare i dovuti risarcimenti.Proprio a tale ultimo proposito, bisogna sottolineare che esiste una proposta di legge in Parlamento che prevede la possibilità di un indennizzo a favore delle vittime di reati violenti nell'ipotesi in cui il responsabile non ne abbia la possibilità economica.


Tuttavia tale progetto di legge, che permetterebbe all'Italia anche di adeguarsi alla normativa europea ed in particolare alla Direttiva Comunitaria 2004/80/C sul sostegno alle vittime di reati violenti, giace prevaricato da intercettazioni e finanziaria.


Quindi, senza interventi sul piano culturale e dell'effettiva assistenza alle vittime, a poco varranno indignazione e nuove formule legislative volte a rinominare quella che, nelle varie forme, è sempre la solita violenza sulle donne.Dobbiamo impegnarci per una rivoluzione culturale che deve restituisca dignità alla donna.



Avv. Agnese Usai, Paola Caio e gruppo VITE SPEZZATE (escialloscoperto)

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