22 gennaio, 2008

L'angoscia di Maria e le persecuzioni del suo ex marito


(s. gre.) Maria, come chiameremo la vittima di questa storia, è una bella donna. Impiegata, ama il proprio lavoro a contatto con il pubblico. È spigliata, solare, gentile.
Giovane, a 25 anni, decide di sposarsi con uomo che conosce da tempo, del quale si fida e del quale, senza alcun dubbio, è innamorata. Paolo (nome di fantasia attribuito al coniuge, ndr) è gentile con lei, rispettoso, attento, mai violento e, se la storia potesse fermarsi qui, certamente ancora oggi sarebbe per Maria il migliore marito del mondo.

Purtroppo, la realtà non è così felice. Pochi mesi dopo il matrimonio, infatti, lei resta incinta e in Paolo qualcosa salta, scatta, si rompe. In un primo momento rifiuta l'idea di un figlio e chiede addirittura a Maria di interrompere la gravidanza. Poi, quando il bimbo comunque, per volere di entrambi, nasce, impone alla moglie di abbandonare il lavoro.
Lei, la bella impiegata spigliata, solare e gentile, pensando al figlio, accetta. Si licenzia e resta a casa, tra faccende domestiche e solitudine, per 3 anni. Passato quel tempo, non resiste più: vuole tornare al lavoro, in mezzo alla gente, ed è disposta ad affrontare il marito, pur di riuscirci.

Cominciano così le discussioni, le liti, le scenate di gelosia e, soprattutto, le pretese di Paolo che vorrebbe vedere la moglie isolata, sia dai familiari che dalle amiche. Per Maria l'inferno dura 5 anni: quando il bambino è in terza elementare, lei trova il coraggio di lasciare il marito. Cerca un nuovo impiego, ottiene dal giudice l'affidamento del figlio e della casa coniugale e prova a rifarsi una vita. Ancora, tuttavia, non ha fatto i conti con l'ex marito, che inizia a perseguitarla in ogni modo, a danneggiarle l'auto, a spaventarla, ad andare sul luogo di lavoro rischiando di farla licenziare.

A questo punto lei decide di rivolgersi alle volontarie di Telefono Donna, che hanno raccontato questa storia perché sia di esempio per molte altre vittime. «Era angosciata - dice la presidente, Ierta Zoni - perché pensava che quella persecuzione non sarebbe mai finita. Noi l'abbiamo sostenuta nella sua scelta, rafforzandola nell'idea che stesse facendo una cosa giusta, e le abbiamo messo a disposizione i nostri legali, che hanno fatto denunce circostanziate. Ora anche gli strumenti giuridici stanno cambiando e, per questo, le donne non devono arrendersi alla paura».


http://www.corrieredicomo.it/frm_articoli.cfm?ID=83133

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