26 ottobre, 2007

Bimbi traditi dall’ira dei genitori


Le vittime delle guerre di famiglia

MARCO NEIROTTI
TORINO

E la bambina? Bella domanda. Dove sono i bambini prima, durante e dopo le fiamme che stravolgono la coppia adulta? Dove sono quando diventano oggetto di sfogo o strumenti di battaglie adulte? Sono lì, a farne le spese. Armadi, computer e cantine dei palazzi di giustizia, così come i libri dei saggisti veri e finti sono pieni di storie dell’infanzia ostaggio, vittima, valvola di scarico. Traditi, sempre.

Era il 15 ottobre 2002 quando un uomo si vestì e si armò come Rambo e a Chieri fece strage: moglie, suocera, cognati, coinquilini, infine se stesso. La piccola di otto anni era già sullo scuolabus. Rimasta viva. E sola. Grazie, papà. Il massacro per gelosia, con il bambino «fortunato» che rimane al vento, è routine per le cronache. L’Archivio in dieci secondi ne offre una decina. La morte intorno, o la morte del piccolo, sono casi clamorosi. Ma la quotidianità - quella delle sere di gazzelle e volanti - è un mondo infantile pieno di parole e vuoto di rispetto. Non c’è strato sociale immacolato. Il degrado di vita facilita, l’agio maschera meglio.

Alessandra Bisio, avvocato della famiglia, racconta il non visto: «I bambini sono uno strumento di ricatto continuo, in caso di separazioni. Si suggerisce loro ciò che dovranno dire. Soffrono la menzogna, ma la ripetono per non perdere quel minimo di certezza che hanno ancora». Odi che diventano sfide e bambini spinti a leggere un bagnetto come un’attrazione sessuale, basta far indugiare una mano nel racconto suggerito. Del marchio che resta non importa nulla: passerà, sono bimbi. Strumenti.

Racconta Alessandra Bisio il caso di una piccola già ostaggio di fughe, nascondigli, parole di punizioni feroci. La medicina legale non riscontrò nulla. E poi un altro dove, a forza di spinta all’odio, la creatura aveva perso qualunque legame con entrambi gli adulti: alle audizioni sembrava un ventriloquo e nella stanza di facce attonite da quel viso minuto veniva fuori una voce che non era la sua, un tono roco e adulto, tra horror ed esorcisti. Lì non serviva l’esorcista.
Il bambino strumento. Una donna con gravi problemi, il convivente in carcere, soffriva della sindrome di Münchhausen, studiata nel rapporto medico-paziente, ma attiva in quello familiare: il medico mi ama se sono malato, il figlio mi ama se è malato e ha bisogno di me.

Questa donna voleva farsi amare e risolveva il problema con quello che il suo uomo le aveva raccontato dal carcere: per evitare un trasferimento basta iniettarsi un po’ di latte, hai subito la febbre a 40 gradi. Iniettava latte al bimbo e il bimbo febbricitante voleva mamma. Patologia psichiatrica, certo. Casi limite. E il medico legale Roberto Testi, che tanti ne ha studiati, rimane comunque colpito dalla cecità dell’odio adulto di coppia che non vede quell’attimo o quel lungo tempo di danno al piccolo: «Nemmeno quello fisico, che ti fa trattenere. Possono volare piatti e ceffoni, ma quando sfiorano il figlio non c’è uno stop». Bambini come ingombri in una lite più grande di loro. Si chiama «La fiducia tradita» un classico di Alice Miller.

«Separatevi, fatelo per lui», scriveva Marcello Bernardi negli «Imperfetti genitori», a proposito di vite impossibili. A volte non basta. E’ tutto nel testamento di Elena Franco, ammazzata a coltellate ad Airasca, scritto durante lunghe persecuzioni dall’ex marito, quando il bimbo aveva 3 anni: «Cari genitori non piangete la mia morte. Quando leggerete sappiate che questa non è stata la mia morte ma la liberazione da un uomo che io odiavo da troppo tempo. A mio marito Mario lascio tutto il mio odio, la disperazione dei miei genitori e la solitudine di mio figlio».


http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200710articoli/4844girata.asp

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