23 luglio, 2008

Cassazione: il marito è violento? Vietato l'ingresso nei locali frequentati dalla moglie


ROMA (19 luglio) - Il marito manesco, separato o ancora coniugato che sia, si può vedere inibito, per ordine del giudice, l'ingresso in tutti «i luoghi frequentati abitualmente dalla moglie»: dalla casa coniugale, al bar, al supermercato e via di questo passo. Il concetto è che i due evitino le occasioni di incontro. Parola di Cassazione, che ha confermato l'allontanamento dalla casa familiare a Gabriele P., un 43enne di Cagliari indagato per maltrattamenti in famiglia che, pure abitando nello stesso palazzo della consorte, era andato a vivere in un appartamento separato con tanto di ingresso indipendente. Nonostante ciò, ogni qualvolta all'uomo capitava di incontrare la consorte, ricostruisce la sentenza 28958 della Sesta sezione penale, diventava violento e le metteva le mani addosso. Da qui il provvedimento adottato dal Tribunale della Libertà di Cagliari, nell'ottobre 2007, convalidato ora da piazza Cavour.

La sentenza. Scrive la Cassazione che «le inevitabili possibilità doi incontro tra le parti non impedirebbe comunque la reiterazione del reato», ecco perchè è legittimo «non solo l'allontanamento dal convivente dalla casa familiare, ma anche la prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa». Inutilmente Gabriele P. si è rivolto alla Cassazione, sostenendo che l'allontanamento dalla casa familiare poteva essere applicato solo in ipotesi «di reale ed effettiva convivenza, e non pure in ipotesi in cui il soggetto del reato dimori in casa autonomamente e in via esclusiva». Il Supremo tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso e ha ricordato che «l'allontanamento dalla casa familiare non presuppone necessariamente la convivenza tra le parti, ma è applicabile anche quando l'indagato abbia già abbandonato il domicilio domestico per intervenuta separazione coniugale».

Nel caso in questione, poi, la Suprema Corte, ha evidenziato che «correttamente il Tribunale ha escluso ogni rilevanza alla circostanza che i coniugi abitassero in due distinte unità abitative dello stesso immobile sul rilievo, tutt'altro che illogico, che i predetti condividono comunque gli spazi comuni, dove sono avvenuti i fatti di causa e ciò non impedirebbe le innumerevoli possibilità di incontro tra l'indagato» e la consorte maltrattata e quindi l'occasione per la reiterazione delle condotta criminosa». Ecco perchè il tribunale, alla luce di queste considerazioni, evidenzia come l'art. 282 bis c.p.p. «prevede espressamente non solo l'allontanamento del convivente dalla casa familiare, ma anche la prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente fequentati dalla persona offesa». Lo scopo è quello di ridurre il più possibile, se non proprio annullare, le occasioni di incontro tra la coppia.


http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=27976&sez=HOME_INITALIA

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