01 novembre, 2008

Mobbing in Famiglia


di Avv. Girolamo Aliberti


Siamo abituati a sentire parlare di mobbing nell’ambito del mondo del lavoro, dove viene definito come un insieme di comportamenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni, demansionamenti, emarginazione, umiliazioni, maldicenze, ostracizzazione, etc.) perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, prolungati nel tempo e lesivi della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso.

I singoli atteggiamenti molesti (o emulativi) non raggiungono necessariamente la soglia del reato né debbono essere di per sé illegittimi, ma nell'insieme producono danni anche gravi, con conseguenze sul patrimonio della vittima, la sua salute, la sua esistenza. Questa pratica è spesso condotta con il fine di indurre la vittima ad abbandonare da sé il lavoro, senza quindi ricorrere al licenziamento, o per ritorsione a seguito di comportamenti non condivisi (ad esempio, denuncia ai superiori o all'esterno di irregolarità sul posto di lavoro), o per il rifiuto della vittima di sottostare a proposte o richieste immorali (sessuali, di eseguire operazioni contrarie a divieti deontologici o etici, etc.) o illegali.

Meno diffuso nella consapevolezza comune, ma molto presente, invece, nella società è, il mobbing familiare da intendersi come l’insieme degli atti e delle omissioni, di un coniuge verso l’altro, caratterizzati da intento denigratorio o persecutorio, e finalizzati alla sistematica distruzione della personalità altrui. Questi atti, se presi singolarmente, non necessariamente assumono la dimensione dell’illecito. Ma considerati nel loro insieme hanno una lesività tale da ledere e limitare la libertà di autodeterminazione del coniuge.

Quando parliamo di mobbing, dunque, dobbiamo andare oltre la violenza fisica (che di per sé integra il carattere di illecito) facendovi rientrare tutti quegli atti di violenza psicologia ed emotiva, cioè quegli atti che nelle forme più manifeste creano ansia e angoscia, e nelle forme più subdole (e dunque più pericolose perché non facilmente riconoscibili e dimostrabili all’esterno) creano una sorta di impotenza e di costrizione, portando la vittima ad un vero e proprio isolamento. Purtroppo questi comportamenti, che sono senza dubbio fonte di un danno esistenziale, non trovano facilmente una corretta sanzione, non essendo, a volte, nemmeno qualificabili come atti illeciti o perché non è facile dimostrare l’intenzionalità (il dolo) del comportamento di chi li compie.

Come detto, il mobbing familiare può manifestarsi in diverse forme: dalla violenza psicologica che assume le forme di minacce, insulti, continue mortificazioni e svalutazioni del valore dell’altro, alla violenza economica che consiste nel privare l’altro coniuge della libertà di disporre di una indipendenza economica al punto da far dipendere la propria esistenza dall’altro partner; questi atti, come è facile intuire, sono perpetrati spesso dal marito nei confronti della moglie, il quale le impedisce di lavorare e dunque di avere una propria fonte di reddito oppure controlla ossessivamente tutte le spese effettuate dalla moglie.

Un altro modo in cui il mobbing si manifesta è lo stalking, cioè una serie di atteggiamenti tenuti dal marito che perseguita la moglie attraverso un ossessivo controllo a distanza, con continue telefonate, lettere, SMS, e-mail, pedinamenti che ingenerano stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della vita quotidiana.

Comportamenti mobbizzanti nell’ambito del conflitto coniugale possono essere rivolti anche a danno dei figli. Il mobbing genitoriale è l’insieme dei comportamenti, anche omissivi, che violano gli obblighi sanciti dagli articoli 147 e 155 Cod. Civ. Questi comportamenti si ravvisano molto spesso quando la coppia va in crisi e si giunge alla separazione. Non a caso, molti autori parlano di “infantilizzazione" della coppia in via di separazione” proprio per indicare gli atteggiamenti irragionevoli che molti genitori tengono allo scopo di danneggiare l’altro coniuge, senza però rendersi conto di strumentalizzare i propri figli a questo scopo, arrecando loro un danno notevole a livello psicologico (sindrome del genitore separato).

Dunque, rientrano in questi comportamenti gli inadempimenti agli obblighi di cura, educazione, istruzione, la violazione sistematica degli obblighi di visita, il non contribuire al mantenimento dei figli, ostacolare i rapporti del minore con l’altro coniuge. Attraverso questi atti i genitori violano il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, sancito dalla L.54/2006. Anche l’assistere ai comportamenti illeciti di un genitore verso l’altro, (come essere presenti durante i litigi o assistere a violenze fisiche e morali), sopportare la costante denigrazione e delegittimazione di un genitore da parte dell’altro è un comportamento mobbizzante (mobbing genitoriale mediato).

Tutti questi atti, però, trovano una difficile forma sanzionatoria, perché spesso vengono considerati come un’espressione della conflittualità dei coniugi durante la separazione.

Quali sono, dunque, le reali forme di tutela? E soprattutto sono realmente efficaci? La tutela penale ex art 572 Cod. Pen. (maltrattamenti in famiglia) comporta una difficoltà nel dimostrare l’intenzionalità (il dolo) degli atti mobbizzanti, oltre al fatto che le pene editali sono basse ed una carcerazione priverebbe i figli di una figura genitoriale. Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari ex art. 342 Cod. Civ. potrebbero essere considerati come una anticipazione degli effetti della separazione, con la conseguenza che il tutto possa essere rimandato in questa.

Proprio la separazione con richiesta di addebito è un’altra forma di tutela, che però non sanziona del tutto gli atti mobbizzanti a cui si è stati sottoposti. L’unica forma di tutela con maggiore efficacia sembra essere la tutela risarcitoria (art. 2043 Cod.Civ.) ma anche in questo caso, si ripropongono i problemi della prova del comportamento mobbizzante, la prova del danno, e la concreta liquidazione del risarcimento. La nuova legge sull’affido condiviso, infine, ha introdotto l’art 709-ter Cod. Proc. Civ., ma anche qui si ripropongono le sesse difficoltà che si trovavano con i rimedi ordinari.

Siamo di fronte all’ennesima debolezza del nostro sistema legislativo a cui, solo qualche sentenza innovativa della magistratura riesce a porre un rimedio che però non è del tutto soddisfacente


http://www.vivicorato.it/Rubriche/dettaglio_recensioni.aspx?rbval=n6ZNrZuqCA8%3D

13 commenti:

  1. ho letto con interesse il vostro articolo. ma la domanda mi viene spontanea. quindi? io sono madre di tre figli e non lavoro. è da 17 anni che devo chiedere tutti i giorni i soldi. tutti. tutti. non sono padrona neanche di prendere una maglietta ai miei figli. è da 2 anni che non vado dal parrucchiere. sono stanca. non c'è rimedio? l'unica soluzione è il divorzio? trovarmi un lavoro trascurando la famiglia? lo sapevo. non c'è fine alla situazione!

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  2. Chi può dirti cosa è giusto o sbagliato fare? La risposta la conosci soltanto tu...

    Prova a domandarti se e' questa la vita che desideri per te e per i tuoi figli e poi regolati di conseguenza.

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  3. si ok e poi... scusa ma è quello che dicono tutti. quello che so già anche io. ma lui è l'unica famiglia che ho. scusa ancora pensavo a qualcosa di più concreto.

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  4. siok. quello che dicono tutti. quello che già so da sola. ma lui è l'unica famiglia che ho da quando ho 15 anni. non è facile. scusa ma pensavo a qualcosa di più concreto.

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  5. Certo che non è facile! Ci vuole coraggio per fare scelte radicali...e non è assicurato che migliori il tuo stile di vita.

    Forse non sei ancora pronta per fare un cambiamento nella tua vita o forse...stai bene così.

    Non aspettarti che ti dica io "cosa" devi fare, quello lo sai già...basta che ascolti la vocina dentro di te...

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  6. il problema del mobbing familiare può essere anche tra sorelle... Si può fare qualcosa legalmente???

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    1. Si sopratutto se sorelle maggiori d' eta' e sposate

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  7. prova a parlarne a un bravo avvocato...

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  8. io vivo da anni una situazione terribile di mobbing familiare..le mie sorelle mi mettono contro i miei genitori.E' impossibile uscirne

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  9. Mi rispecchio molto in questo articolo, anche io ho sofferto e sto soffrendo perchè sono vittima dil mobbing familiare.
    Cercando in rete mi sono imbattuto in un video che propone come alleviare la mia sofferenza. Grazie a questo video a poco a poco sto cominciando ad affrontare e eliminare le cause del mio disagio. Per questo motivo vi consiglio questo video sulla sofferenza

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  10. Nel 2015 Sono stata vittima di mobbing familiare fra sorelle e la cosa continua tuttora, ma in maniera molto più lieve. Il danno c'è stato e ormai per me non ha alcun senso recuperare dei rapporti familiari che, in fondo, non ci sono mai stati. Scoprire che per le mie sorelle io valgo talmente poco tanto calpestarmi, denigrarmi e deridermi mi ha fatto solo capire come non vorrò mai diventare.

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  11. Ci sono uomini che sembrano gentili e rispettosi in pubblico, ma dentro le quattro mura sono tutt'altro. Controllano tutto quello che fai, dalla spesa al resto. Da come cucini a quello che indossi. Il più delle volte non ti ascoltano, se lo fanno è come se parli al vento. Sono pronti a criticare tutto di te. In pubblico ti osservano, sembra di stare al grande fratello, a casa mettono fuori.Che fare? Che dire? Alla fine sembra tutto apposto. Se parli, le altre donne sono le prime a venirti contro. Gli uomini ti ignorano..E si tira avanti così. All'infinito. O finché morte non ci separi! Grazie per lo spazio che vi ho preso.

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  12. Vi capisco il mobbing purtroppo esiste anche fra familiari, nel mio caso con fratelli, cosa si può fare affinchè vengano smascherati?

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